In cantina, la vinificazione deve seguire solo lo svolgimento spontaneo e naturale dei processi di fermentazione ed affinamento in botti grandi di rovere. Sino ad arrivare in bottiglia senza nessuna aggiunta di lieviti selezionati, di batteri lattici ed altre sostanze impiegate nella vinificazione convenzionale per accelerare l’evoluzione del vino.
Infine senza nessuna filtrazione, affinché il vino conservi tutta la sua struttura e la personalità dei grandi vini, capaci di esprimere al massimo la loro storia fatta di territorio e spirito di chi li produce.
Ciò significa, che la fermentazione alcolica deve essere spontanea e svolgersi solo con lieviti presenti nelle uve ed in cantina. Per questo motivo il metodo di lavoro deve essere molto rigoroso, gli ambienti e tutte le attrezzature di cantina devono essere perfettamente puliti con rigore e sistematicamente.
Affinchè nell’ambiente della cantina non possano mai prendere il spravvento batteri dannosi che inevitabilmente inquinerebbero i sapori del vino durante la vinificazione e l’affinamento; identico discorso vale per la seconda importante fermentazione del vino, la malolattica, che si svolge sempre spontaneamente, senza nessuna inoculazione di batteri lattici.
Così operando, le fermentazioni e l’affinamento del vino, sono certamente più lunghe, (spesso le fermentazioni riprendono la primavera successiva alla vendemmia) ma, sono convinto, che questo sia l’unico modo per estrarre dal vino tutte le sue potenzialità e la sua complessità.
Una scelta certamente più impegnativa e rischiosa, rispetto alla vinificazione convenzionale, anch’essa espressione di ottimi vini, in cui, tuttavia, tutti i processi, sono indotti ed accelerati al fine di rendere immediatamente stabile il vino, uniformandone le caratteristiche e banalizzando gli aromi, spesso soffocando le reali e grandi potenzialità delle uve impiegate dal produttore.
Una strada più lunga, più tortuosa, certamente più rischiosa ma, per l’esperienza fatta in questi anni, unico modo per sperare di ottenere un vero grande vino, capace di esprimere unicità e personalità autentica e non solo banalmente raccontata.
La grande sfida consiste nell’accompagnare il vino, dopo la pigiatura dell’uva, nel suo lungo percorso di affinamento conservandone la struttura complessa e gli aromi, impedendo ad alterazioni olfattive di prendere il sopravvento.
Questa è sotanzialmente la differenza fra la vinificazione convenzionale che persegue la stabilizzazione immediata del vino per metterlo al sicuro da possibili alterazioni batteriche, e la vinificazione spontanea (oggi detta naturale) che vuole fare esprimere al vino tutta la sua complessità e longevità, obiettivo che se condotto con serietà ed onestà comporta maggiori rischi di insuccesso, ma foriero di grandi soddisfazioni.
Come sempre fatto per tutti i grandi vini rossi del passato, l’affinamento del Maiolo, si compie in botti di rovere grandi da 50 hl per almeno quattro anni durante i quali il vino, oltre a maturare la sua complessità, si pulisce naturalmente permettendone l’imbottigliamento senza nessuna filtrazione.
Segue almeno un anno di permanenza in bottiglia prima della commercializzazione.
Infine una considerazione a parte sui solfiti aggiunti, nei vini rossi del maiolo sono aggiunti 2 gr per hl di metabisolfito di potassio all’imbottigliamento, con una solforosa totale di circa 25 mg per litro.